Sulla cronologia delle prime monete di Roma Repubblicana (1)

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    da: www.ilgiornaledellanumismatica.it/t...a-repubblicana/



    (di Roberto Salati e Lorenzo Bassi | dal “GdN” n. 1 di gennaio 2012, pp. 20-26)

    Nonostante l’evoluzione delle conoscenze storico-archeologiche sulla Roma antica e il gran numero di studi a riguardo, la datazione delle prime emissioni di moneta da parte dell’Urbe, al momento attuale, è tutt’altro che certa. Una cronologia convincente venne dapprima proposta da Theodor Mommsen a fine ‘800, poi perfezionata da Haberlein e da Grueber ai primi del ‘900. Le loro teorie, bastate principalmente su considerazioni storico-letterarie, furono però sottoposte ad una dura revisione da parte di Mattingly e dalla scuola inglese negli anni ‘30. La cronologia “tradizionale” venne sovvertita e furono proposte delle date molto basse per le emissioni del denario e dell’”aes grave” (c.d. “teoria ribassista”). La nuova teoria non convinse del tutto, ma, come molte mode, ebbe grande successo. La diatriba proseguì con alterne vicende fino alla pubblicazione di un ritrovamento particolarmente importante a Morgantina, che smentiva la tesi ribassista senza confermare quella tradizionale. Questo ritrovamento diede lo spunto a Crawford per scrivere una poderosa sintesi di tutte le emissioni romane (c.d. “teoria media”), che tuttora è considerata il lavoro di riferimento nel campo della monetazione romana repubblicana. L’argomento dunque tiene banco, pur in assenza di recenti progressi e di certezze archeologicamente documentate. Vogliamo quindi ritornare sulla cronologia delle prime emissioni dei Romani, più che altro per il desiderio di tenere aperta la discussione su un argomento da troppo tempo privo di contributi risolutivi.

    Storia e numismatica sono discipline indivisibili e il contributo di quest’ultima al progresso storico è stato tutt’altro che marginale. Ma le dispute tra diverse “fazioni” sulla datazione del denario hanno creato uno iato profondo tra gli eventi storici e le teorizzazioni numismatiche che, se sganciate dal contesto storico, hanno poco senso di esistere. Il dato di partenza non può essere che il noto passo di Plinio nel quale lo studioso lariano ripercorre per sommi capi la storia della monetazione romana, all’interno di una discussione moraleggiante sui metalli preziosi, ritenuti responsabili dell’avidità dell’uomo.

    Ecco un sunto dei punti più significativi del passo di Plinio: “ Proximum scelus fuit eius, qui primus ex auro denarium signavit, quod et ipsum latet auctore incerto. populus Romanus ne argento quidem signato ante Phyrrhum regem devictum usus est libralis – unde etiam nunc libella dicitur et dupondius – adpendebatur assis. […] Servius rex primus signavit aes. antea rudi usos Romae Timaeus tradit. signatum est nota pecudum, unde et pecunia appellata. […] Argentum signatum anno urbis CCCCLXXXV, Q. Ogulnio C. Fabio cos., quinque annis ante primum Punicum bellum. et placuit denarium pro X libris aeris valere, quinarium pro V, sestertium pro dupondio ac semisse” (“Naturalis Historia”, XXXIII, XIII). Vale a dire: “La scelleratezza successiva fu di colui che per primo coniò moneta d’oro, anche questo crimine è rimasto occulto perché ne è incerto l’autore. Il popolo romano non si servì dell’argento monetato prima della sconfitta del Re Pirro, prima usava l’asse librale. […] Il Re Servio Tullio per primo impresse il rame. Prima, come racconta Timeo, era in uso il rame grezzo. Il sigillo impresso rappresentava una pecora, ecco perché la moneta venne chiamata pecunia. […] L’argento fu coniato come moneta nell’anno 485 (cioè il 286 a.C., NdA) sotto il consolato di Q Ogulnio e C Fabio, cinque anni prima della I Guerra punica. E si stabilì che un denario valesse dieci libbre di bronzo, il quinario cinque, il sesterzio un dupondio e un semisse (1 libbra = 1 asse, NdA)”. Da qui l’idea di proporre al lettore alcune riflessioni su come i dati storici si possano affiancare senza distorsioni ai materiali monetali pervenuti fino a noi.

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    In alto a sinistra, “aes signatum” ramo secco. Ex asta Artemide XXVIII, 1121, g 1865 (mm 148 x 74 ca.). La produzione di questo tipo risale ad un periodo prima del IV secolo a.C.; non è possibile stabilire una datazione più precisa poiché l’uso di questi lingotti ha accompagnato tutta l’evoluzione della fusione del bronzo, dagli inizi alla produzione della moneta. A destra, “aes signatum” ancora/tripode, g ? (mm 192 x 92 ca.), (Crawford 10/1). Ex asta Nac 10, 308. In basso “aes signatum” galletti/tridenti, g ? (mm 171 x 96 ca.), (Crawford 12/1). Ex asta Stermberg XVIII, 275. Secondo alcuni studiosi i polli indicano il “pullarium augurium” (un rito teso a prevedere l’esito di una battaglia) e in questa interpretazione i due astri raffigurati sugli animali rappresenterebbero la sfera divina

    (CONTINUA)


     
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